Oliva Denaro by Viola Ardone

Oliva Denaro by Viola Ardone

autore:Viola Ardone [Ardone, Viola]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2021-09-01T12:00:00+00:00


41.

L’ultima volta che è entrata, Angiolina ha lasciato la caraffa con l’acqua e qualche fetta di pane stantio, poi non è tornata. Lo stomaco mi morde dalla fame, forse nessuno piú verrà. Come quando giocavamo da piccinni. Cerca trova, cerca trova: Saro contava e io scappavo a nascondermi nella bottega di don Vito. Restavo immobile, col fiato sospeso e il cuore che faceva rumore. Non so se avevo piú paura di essere scoperta, o che nessuno mi trovasse.

Santa Maria, provo a pregare, Madre purissima, Madre castissima, Madre sempre vergine. Tu l’uomo non lo hai mai conosciuto, non sai che ha forza nelle braccia, caldo nella bocca, durezza nella voce. Il rosario lo sapevo recitare nel salotto delle Scibetta, sotto gli occhi di mia madre, protetta da quelle voci che si univano nella preghiera e nella maldicenza e mi avvertivano dei pericoli del mondo. Adesso sono sola. Femminile, singolare. Questo è quello che succede alla donna quando resta isolata?

Mi alzo dal letto. Quanto tempo è passato: un giorno, due, una settimana? Il foulard di seta è abbandonato in un angolo della stanza. Mi chino per raccoglierlo, lo sfioro con le dita, è liscissimo, lo allaccio al collo e mi guardo allo specchio. È cosí che uscirò da questa casa, con il fazzoletto di Paternò al posto dello scialle di mia madre? Lo tendo rabbiosamente con le mani per lacerarlo, ma mi mancano le forze e cado riversa sul letto.

– Vieni, – bisbiglio, e trasalisco nel sentire la mia voce dopo tanto silenzio. Cammino verso la porta e inizio a battere con la poca energia che mi resta. – Torna, fammi uscire, non ce la faccio piú. È colpa mia, sono stata io, faccio quello che vuoi, apri. Ho fame, ho sete, ho paura. Non voglio stare sola.

Il rumore dei pugni risuona debolissimo tra le pareti. Forse in casa non è rimasto piú nessuno. Sono andati via tutti. Lui non mi vuole piú. Come quando da piccinna giocavo a nascondino: cerca trova, cerca trova e alla fine mi hanno lasciata qui.

Scivolo in ginocchio davanti alla porta, con l’orecchio attaccato sul legno. Tutto tace. Poi sento dei rumori, prima lontani, e in seguito via via piú vicini, una voce roca e di nuovo niente. Passa un’ora o forse due, il tempo non esiste piú.

Mi sembra a un certo punto di dormire, e nel sogno stringo tra le mani un mazzolino di fiori d’arancio. La chiesa è lunga e fredda, dalla soglia riesco a malapena a vedere un puntolino scuro in fondo, davanti all’altare, che mi aspetta. Mio padre mi porge il braccio e cosí ci incamminiamo.

«Cosa ci fai con il cappello in testa, pà, devi toglierlo, nella casa di nostro Signore», lo avverto.

«Non lo preferisco», dice lui e procediamo tra gli invitati che si voltano a guardarci. Ma a ogni passo lo sposo sembra farsi piú lontano, non riesco a distinguerne i tratti del viso.

«Chi è, – chiedo a mio padre, – a chi mi stai dando?»

«Questo puoi saperlo solo tu», risponde lui con calma.



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